IL MALE CHE NON C'È

LETTERATURA

IL MALE CHE NON C'È

GIULIA CAMINITO
PRESENTA IL SUO ULTIMO ROMANZO

22

GENNAIO 2025

AOSTA - TEATRO SPLENDOR

ORE 18:00

Conduce l’incontro 
Laura Marzi 
autrice e critica letteraria 

Giulia Caminito torna in libreria con il suo quarto romanzo Il male che non c’è (Bompiani, 2024) dopo il successo de L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani, 2021) che è stato finalista al premio Strega, si è aggiudicato il premio Campiello ed è stato tradotto in numerose lingue in tutto il mondo.
Il talento della giovane scrittrice emerge in questo testo innanzitutto per la scelta di un protagonista maschile: Loris.
Nel presente del romanzo è un trentenne che lavora nell’ambito dell’editoria e che soffre l’ansia costante che caratterizza la vita di tutti coloro che si occupano di lavoro culturale in Italia, quella di non sapere se lo stipendio arriverà ancora il prossimo mese, quando si verrà pagati per il progetto a cui ci si sta dedicando con anima e corpo e se si riuscirà a restare all’altezza delle aspettative, nonché capaci di sopravvivere alla competizione costante.
Loris somatizza questa forma di enorme stress psicologico con una reazione comune ma non per questo meno dolorosa: l’ipocondria. 
Proietta all’interno del suo corpo l’instabilità e la totale impossibilità di progettare il futuro, in questo modo l’incertezza che connota la sua vita di lavoratore precario diventa ogni giorno quella della sopravvivenza a infinite, possibili, spaventose malattie.
A questa condizione di angoscia disperante che Loris vive nel presente si contrappone il racconto della gioia dell’infanzia, con il nonno, fatta di concretezza, di lavori nell’orto, di costruzione di oggetti tangibili.
Il romanzo di Giulia Caminito permette infatti non solo di avvicinarsi e comprendere un’esperienza psicologica quale quella dell’ipocondria, che è una condizione umana senza tempo, basti pensare al protagonista della commedia di Molière Il malato immaginario (1673).
Permette anche una riflessione sulle rivoluzioni avvenute nella seconda metà del novecento che hanno trasformato l’esistenza, almeno per gli occidentali, in un’esperienza soprattutto mentale provocando squilibrio: quello di una vita in cui spesso la creatività e la produttività sono legate all’intangibilità, al digitale, alla virtualità.

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